martedì 27 novembre 2012

Clonare un fungo con il bisturi

Abbiamo già visto come clonare un fungo con la siringa: si tratta dell'unica tecnica di clonazione che ci permette di creare una LC pulita senza glove-box; tuttavia, è piuttosto difficile da attuare (specie con funghi dalla carne elastica come il Pleurotus ostreatus), e spesso non dà i risultati sperati. Adesso che però abbiamo costruito una glove-box, possiamo utilizzare un altro sistema, decisamente più semplice. Il meccanismo è analogo a quello che già conosciamo: si tratta semplicemente di riuscire ad inserire un frammento di tessuto dentro al barattolo di acqua e miele sterilizzati. Invece della siringa però useremo un bisturi per ritagliare il pezzetto di fungo, e lo inseriremo nel barattolo semplicemente aprendo il coperchio. Lavorando in glove-box è infatti possibile evitare che eventuali contaminanti entrino nel barattolo al momento dell'apertura. Il tessuto dovrà essere prelevato dalla parte interna del fungo, dopo averlo rotto a metà (senza tagliarlo). Ho girato un video per facilitare la comprensione di questa tecnica. L'attrezzatura necessaria è composta da un fungo da clonare (nel mio caso Pleurotus ostreatus), due bisturi avvolti in carta stagnola e sterilizzati per 15 minuti in pentola a pressione, ed un barattolo di acqua e miele al 4%, preparando secondo l'apposita guida.
La prima cosa da fare, è pulire accuratamente la glove-box con alcool, compresi gli angoli, il coperchio e le maniche. Le pareti e la base devono essere lasciati leggermente umidi, così da impedire che spore indesiderate possano muoversi liberamente. Fatto questo, mettiamo dentro la nostra attrezzatura, chiudiamo il coperchio ed aspettiamo 15 minuti, per sicurezza. Una volta trascorsi, possiamo iniziare: indossiamo un paio di guanti di lattice, laviamoli bene con alcool, e mettiamo le mani dentro alla nostra glove-box. Scartiamo il primo bisturi, ed incidiamo leggermente il fungo, ma senza andare a fondo (la lama non deve toccare la parte centrale): poi lo spezziamo con le mani, stando sempre bene attenti a non toccare la parte interna. Scartiamo l'altro bisturi, preleviamo un frammento dalla parte centrale del fungo e lo mettiamo dentro al barattolo, aprendo il coperchio. Come potete vedere, è molto più semplice della clonazione con siringa.
Una volta completata l'operazione, mantenete il barattolo al buio ad una temperatura di 20-25°. Se tutto va bene, la crescita dovrebbe risultare visibile entro una settimana. Se il liquido diventa lattiginoso, buttate via e ricominciate da capo.
Buon divertimento ;)



P.S. Per ovvie ragioni ho ripreso il tutto senza mettere il coperchio, ma voi ovviamente lo dovrete mettere ;)

martedì 20 novembre 2012

La glove-box


Abbiamo già accennato più volte alla necessità di lavorare in un ambiente il più pulito possibile. Se per le tecniche che ho avuto modo di descrivere sinora una accurata pulizia è sufficiente, ve ne sono altre che richiedono delle precauzioni maggiori, e che non possono essere svolte all'aria aperta (mi riferisco all'utilizzo delle piastre di petri, ma anche a differenti tecniche di clonazione), pena sicuri fallimenti.
Per questo dovrete provvedere a costruire una glove-box in cui lavorare. Può darsi che non abbiate idea di cosa si tratti, ma quasi sicuramente ne avete già vista qualcuna in TV. Si tratta sostanzialmente di una scatola di plastica o vetro (ad esempio un acquario), con ritagliati due buchi per le mani, ed il cui interno viene debitamente pulito con alcool od altro disinfettante prima di mettersi al lavoro. Successivamente, dopo avervi inserito tutti i materiali necessari (ad esempio barattoli di LC, funghi da clonare, bisturi/siringhe, ecc.), viene chiusa per impedire all'aria esterna di entrare.
Cercando su Google potete sicuramente farvi un'idea di quello di cui sto parlando. Non fatevi idee strane, per il nostro hobby non serve niente di professionale, e potremo cavarcela con una spesa di pochi euro.
Il funzionamento di una glove-box è molto semplice: sia ben chiaro, il suo interno, anche con la pulizia più accurata, non sarà mai completamente sterile. Però funziona perché l'aria al suo interno rimane completamente ferma, impedendo ai contaminanti di svolazzare sull'area di lavoro. Lasciare le pareti leggermente umide d'alcool aiuta, perché le varie spore vi restano appiccicate, senza disturbarci.
Ecco un paio di immagini della glove-box che mi ha fedelmente servito fino a non molto tempo fa:




Dopo aver ritagliato i due buchi con il dremel (fate attenzione, vi consiglio di usare un trapano perché le scatole di plastica si rompono facilmente se premete troppo), vi ho aggiunto due tubi di gomma, cui ho fissato due maniche ritagliate da una tuta in tyvek (materiale filtrante che non fa passare i contaminanti).
Per quanto riguarda le dimensioni, fate attenzione a non usare una scatola troppo piccola, come la mia va bene, anche se forse leggermente più grande non avrebbe guastato :)
La glove-box non è certo il sistema più avanzato per poter lavorare: è molto scomoda, si appanna ed è ingombrante, tuttavia è un ottimo ed economico modo per poter lavorare in modo "pulito".
Un sistema molto più evoluto (e comodo!) per poter svolgere lavori in assenza di contaminanti, è la cappa a flusso laminare, o flowhood (anche in questo caso basta googlare un po' per capire di cosa sto parlando) Si tratta di una scatola composta da una ventola che soffia aria attraverso un filtro HEPA, in grado di trattenere tutti i contaminanti. L'aria che esce dal filtro è completamente sterile: lavorando davanti al flusso d'aria quindi potremo essere sicuri di non subire contaminazioni. L'inconveniente principale del flowhood, tuttavia, è il prezzo: tra filtro, ventola e struttura in compensato si va a spendere tranquillamente intorno ai 300 €.
Restano da scrivere due righe per una precisazione, a scanso di equivoci: girovagando su internet, ci si imbatte talvolta in immagini di glove-box autocostruite, con applicata una ventolina che soffia aria all'interno della scatola attraverso un piccolo filtro. In questo modo, la ventola filtrerebbe i contaminanti, lasciando entrare all'interno della scatola solamente aria pulita. Tuttavia ciò non è vero, perché un filtro da pochi euro non potrebbe mai avvicinarsi all'efficienza di un filtro HEPA serio, inoltre l'effetto concreto che si ottiene con questo sistema è quello di "agitare" l'aria interna della glove-box, e cioè esattamente l'opposto di quello che vogliamo! Una glove-box funziona proprio perché l'aria al suo interno è ferma, pertanto meglio non vanificare tutto il nostro lavoro per una stupidaggine ;)

Alla prossima!







martedì 13 novembre 2012

Pastorizzare ed inoculare i tronchetti di segatura

Nello scorso post, abbiamo visto come pastorizzare la paglia, utilizzando semplicemente acqua bollente.
Stavolta vedremo utilizzare dei comuni tronchetti di segatura pressata, di quelli che si usano per le stufe, per ottenere dell'ottima segatura pastorizzata, utile ai nostri fini. I tronchetti sono questi, per intenderci:



Dovete fare molta attenzione che sulla scatola ci sia scritto il tipo di legno utilizzato. Quelli di faggio e quercia sono molto più versatili e possono essere usati con praticamente tutte le specie, tuttavia la maggior parte di quelli in commercio sono fatti di abete, e non sono adatti alla coltivazione delle specie più comuni come Pleurotus ostreatus e simili, quindi fate attenzione.
Il procedimento è molto simile a quello utilizzato con la paglia, tuttavia presenta una differenza: stavolta dovremo misurare bene il quantitativo di acqua bollente da utilizzare, in modo da aggiungere solo quella necessaria ad idratare correttamente i tronchetti. In questo modo, non avremo bisogno di scolare niente, e potremo subito imbustare. La prima volta che vi apprestate ad utilizzare questo metodo, è necessario individuare la giusta quantità di acqua necessaria, per cui potreste essere costretti a fare alcune prove. Con troppo poca acqua vi ritroverete parte della segatura completamente asciutta e quindi inutilizzabile, con troppa invece vi ritroverete la segatura troppo bagnata nella busta, che non viene aggredita dal micelio.
Nei tipi di tronchetto che uso io, per ogni tronchetto da 1 Kg sono necessari 1,7 litri di acqua bollente, né più né meno. Potete quindi iniziare con questa quantità, modificandola nelle prove successive finché non trovate quella corretta. Nel mio caso, con un tronchetto da 1 Kg + 1,7 litri di acqua si ottengono 2,7 litri di segatura idratata. Alternativamente ai tronchetti potete usare anche i pellet, pesandone un chilo esatto e seguendo il procedimento qui di seguito.

Bene, iniziamo: Prendiamo il nostro tronchetto da 1 Kg...



... e lo spezzettiamo all'interno di un comune secchio di plastica:


Poi portiamo ad ebollizione 1,7 litri d'acqua, e li versiamo nel secchio


Poi copriamo con un coperchio, esattamente come abbiamo visto nella guida sulla pastorizzazione della paglia. Visto che le buste che uso solitamente sono piuttosto grandi, ho preparato due tronchetti, in questo modo ottendo una balletta da 5,4 Kg. Voi comunque potete benissimo usare buste più piccole, o riempirle meno ;)


Adesso avvolgiamo il secchio/i in una coperta e ce lo lasciamo finché non raggiunge la temperatura ambiente (4-5 ore sono sufficienti). Trascorse le ore necessarie, riprendiamo il nostro secchio e togliamo il coperchio. Può darsi che la segatura non sia "sciolta" in modo uniforme, e sia rimasto ancora qualche agglomerato. Nel caso, mischiamo bene con un mestolo od un cucchiaio. Togliamo eventuali agglomerati che sono rimasti secchi. Il risultato deve essere questo:


A questo punto, prepariamoci a preparare la nostra busta, in modo analogo a quanto abbiamo visto con la paglia. Un cucchiaio stavolta è più pratico, rispetto alle mani:


Alterniamo strati di segatura a strati di spawn:


Una volta che la busta sarà completamente riempita, applichiamo un filtro alla sommità, fissandolo con un elastico. Abbiamo già visto come preparare il filtro qui:


Visto che la segatura è più compatta della paglia, potrebbe "respirare" molto peggio, favorendo contaminazioni. Per ovviare al problema, con uno stecchino od un ago possiamo fare tanti piccoli buchi lungo tutti i lati della busta.
Bene, adesso non resta che attendere la colonizzazione completa, che sarà visibile entro un paio di giorni.

Alla prossima ;)


sabato 10 novembre 2012

Pastorizzare ed inoculare la paglia

Come già accennato, la paglia costituisce una delle materie prime fondamentali per ogni coltivatore. Il suo uso è indispensabile nella preparazione del substrato per prataioli ed altre specie affini, e può essere utilizzata anche da sola per certe specie (mi riferisco a Pleurotus ostreatus e Pleurotus eryngii). In questo post vedremo come pastorizzare una piccola quantità di paglia, quanto basta per preparare una "balletta" da 2,5 Kg. Useremo micelio di Pleurotus ostreatus, la specie in assoluto più veloce e semplice da coltivare, e dalla quale vi consiglio di partire. Quello che mi accingo a descrivere è solo uno dei tanti metodi per pastorizzare la paglia, a mio parere il più semplice. I tipi di paglia più utilizzati sono quella di grano e quella di riso, ma anche quelle di altri cereali dovrebbero andare. Se vi state chiedendo se il semplice fieno va bene, la risposta è... nì. Se infatti la sua composizione non è poi molto diversa dalla paglia, contiene però molti più semi, che moltiplicherebbero i rischi di contaminazione, essendo particolarmente appetitosi per i batter. Se volete provare con il fieno, avendo cura di eliminare manualmente tutti i semi che vedete, potete farlo, ma il risultato è un po' meno sicuro.
Per prima cosa, prendiamo un comune secchio di plastica, e riempiamolo di paglia previamente tagliata in piccoli pezzi. Tagliarla manualmente con le forbici è un'operazione abbastanza noiosa, se volete ingegnarvi con qualche altro sistema, fate pure :)
Per preparare una busta da 2,5 Kg servono circa 750 grammi di paglia asciutta, che provvederemo ad idratare in seguito.


Fatto ciò, versiamo il contenuto del secchio in un sacco di stoffa sufficientemente capiente (una vecchia federa di cuscino va più che bene), che poi ricollocheremo all'interno del secchio.



Chiudiamo il sacco, e mettiamo a bollire una quantità di acqua sufficiente a sommergere completamente la paglia. Potete usare anche più pentole, nel mio caso ce ne sono volute due di dimensioni medio-grandi.
Non appena l'acqua bolle, la togliamo dal fornello e la versiamo sul sacco, stando ben attenti a non schizzarcela addosso o ad allagare la cucina :)



Adesso mettiamo un coperchio o un piatto sul sacco, in modo da tenerlo completamente sommerso sott'acqua...



...e vi collochiamo sopra un peso, così da mantenere la paglia sommersa. Nel mio caso ho usato un grosso barattolo pieno d'acqua.



Fatto questo, avvolgiamo il secchio in una coperta o un sacco a pelo, in modo da impedire che si raffreddi troppo velocemente, e ce lo teniamo per un'ora e mezza, al massimo due. In seguito, togliamo il sacco e lo appendiamo in un luogo idoneo (ovviamente non in cucina!) affinché l'acqua in eccesso scorra via. 3-4 ore sono sufficienti.



A questo punto la pastorizzazione è finita, e non resta che inoculare la paglia. Ci servirà quindi una busta trasparente sufficientemente capiente da poter contenere il contenuto del sacco. Per piccole quantità come questa mi trovo molto bene con le buste per congelare Cuki da 12 litri. Abbiate comunque cura di usare buste "nuove" (non quelle della spesa, per intenderci), perché se è vero che non è necessaria un ambiente sterile, dobbiamo comunque ricorrere ad un minimo di cautele.
Prendiamo quindi il nostro barattolo di spawn...



... e sbattiamolo ripetutamente e con forza contro una superficie gommata, in modo da rompere i chicchi, altrimenti compattati in un'unica massa dal micelio. L'ideale è un copertone dell'auto, ma anche la suola di una scarpa da ginnastica va più che bene. Occhio che il coperchio non si apra mentre sbattete, altrimenti vi ritroverete con il pavimento pieno di semi e tutto il lavoro da rifare da capo.
Ciò che dovete ottenere in quest'operazione è questo: in questo modo, sarà sufficiente versare i semi un po' per volta nella busta, alternandoli a strati di paglia, senza dover usare un cucchiaio.


A questo punto, dopo esservi accuratamente lavati le mani e magari spruzzato in aria un po' di Oust, prendete il sacco di paglia ed aprite la busta.


Iniziate a riempire la busta con la paglia, prendendola con le mani. Ad ogni strato di paglia, alternate un po' di spawn, dosandolo in modo che vi basti per riempire completamente la busta. Essendo già completamente invasi dal micelio, i semi possono essere esposti tranquillamente all'aria aperta, senza temere (troppo) che si contaminino. Una quantità come quella che vedete in foto è sufficiente per uno strato di 3-4 cm.


Man mano che riempiamo la busta, dovremo pressare bene ogni strato con le mani, in modo da eliminare
l'aria in eccesso. Una volta riempita, schiacciamo bene la busta (appoggiarvisi sopra funziona bene). Questo è l'aspetto che dovrà avere la busta una volta completamente riempita (il bianco che si vede è condensa):


Adesso, dovremo applicare un filtro alla nostra balletta, così da permettere al micelio di "respirare" durante la colonizzazione, ed evitare che eventuali contaminanti possano rovinarci il lavoro. Un pezzetto di tubo di medie dimensioni e riempito di polyfill va benissimo; un metodo molto semplice, e che uso abitualmente, è quello di utilizzare il collo di una bottiglia di plastica, pulirlo bene con alcool, e riempirlo di polyfill, così:


A questo punto fissiamo il nostro filtro alla busta con un elastico, e scriviamo sulla busta la data di inoculo:


A questo punto la nostra balletta è pronta. Se avremo fatto tutto correttamente, entro qualche giorno vedremo il micelio rinascere come per magia dai semi, ed aggredire il substrato:


Nel giro di 15-20 giorni il micelio dovrebbe invadere completamente la paglia: a quel punto, sarà sufficiente fare alcuni tagli al sacco per veder spuntare, nel giro di qualche giorno, i tanto sospirati funghi! Ma questo lo vedremo in un post successivo ;)

lunedì 5 novembre 2012

La scelta del substrato

Una volta che il nostro barattolo di spawn sarà pronto, verrà il momento di usarlo per inoculare il substrato definitivo. A seconda della specie, possono essere usati diverse materie organiche. Come prima cosa bisogna precisare che tutti i funghi si nutrono di sostanze organiche e solide. A seconda della specie che decideremo di coltivare, potremo utilizzare differenti substrati: quelli più comunemente utilizzati sono tronchetti di legno, segatura, paglia, letame (di cavallo, mucca, pecora, capra, gallina, o comunque di altri animali erbivori. Anche di elefante va bene, se ne avete uno :) . Il letame di maiale invece non va bene, se ve lo state chiedendo).
A meno di non voler incorrere in tristi epiloghi, tutti i nostri substrati dovranno essere previamente trattati, in modo da eliminare i contaminanti che impedirebbero la crescita del micelio. Per far questo esistono diverse opzioni, ma quelle più facilmente realizzabili, e più comunemente usate, sono pastorizzazione e sterilizzazione.

La pastorizzazione consiste nel sottoporre i materiali ad una temperatura compresa tra un minimo di 60° ed un massimo di 70° per un'ora e mezza/due ore. In questo modo, verranno eliminati solo i batteri "cattivi", che ostacolerebbero il progredire del micelio, mentre vengono lasciati in vita quelli termo-tolleranti che, al contrario, l'aiutano. La pastorizzazione è una tecnica realizzabile con attrezzature reperibili con grande facilità. Inoltre permette di eseguire la fase di inoculo all'aria aperta, senza che sia necessario predisporre particolari cautele, a parte il massimo grado di pulizia dell'ambiente possibile. Una volta pastorizzato il substrato, esso dovrà essere inoculato il prima possibile, e la colonizzazione del micelio dovrà completarsi entro i successivi 20 giorni, pena l'insorgere di indesiderabili contaminazioni (la più frequente è la muffa verde). Per questo la pastorizzazione è consigliabile con specie particolarmente aggressive, quali il Pleurotus ostreatus.

Con la sterilizzazione invece il substrato viene esposto ad una temperatura superiore ai 100° per un periodo di tempo prolungato. Ciò comporta la distruzione di qualsiasi forma di vita presente nel nostro substrato. Per l'inoculo, stavolta, la semplice pulizia non è sufficiente: l'intera procedura dovrà essere eseguita in un ambiente controllato: sterile, o comunque in cui i contaminati non sono liberi di svolazzare allegramente nell'aria, poiché basterebbe una singola spora per compromettere tutto il lavoro. Il vantaggio della sterilizzazione rispetto alla precedente procedura è quello di poter aggiungere particolari additivi come la crusca, che permettono una crescita migliore, ma per cui la pastorizzazione non è sufficiente (i batteri la aggredirebbero comunque prima del micelio, facendola marcire e rovinando tutto il lavoro. Per questo devono essere eliminati completamente).

Nei post successivi vedremo sia come pastorizzare che sterilizzare i nostri substrati. Ovviamente, visto che ancora stiamo trattando delle tecniche di base, verrà data la precedenza alla prima, essendo più semplice da realizzare.